Da un racconto di Daniele Reale
Marciano nasce nel 2013 a Marghera e dopo 5 anni apre la sede veneziana qui a Cannaregio.
Negli anni precedenti l’apertura, ho sempre lavorato nel mondo degli eventi, come direttore creativo e PR, frequentavo club, festival rock e la scena artistica del carnevale. Il desiderio di riuscire a condurre una vita non più totalmente notturna si è realizzato al mio quarantesimo compleanno con l’inaugurazione di Marciano Venezia.
Adesso invece che andare a letto alle 6, vado a letto alle 2; chissà magari nella prossima vita farò il postino e andrò a letto alle 21!
Parallelamente al mio stretto legame con la scena rock, con il mondo dei giovani e l’ambiente Sixities, ho sempre avuto anche a che fare con il buon cibo poiché la mia è una famiglia di ristoratori.
È venuto naturale, quindi, desiderare di aprire un’attività ristorativa dove si potesse mangiar bene e che si esprimesse anche a livello creativo, mettendo in risalto tutte le cose che mi fanno stare bene e che riassumono un po’ il mio percorso. Birra, ma anche cocktail, hamburger ma anche bistecche e filetto, verdura dell’orto, musica ma anche la partita di calcio. Un locale di aggregazione con il suo bancone, ma al tempo stesso un luogo intimo con degli angoli appartati.
Un gastropub, insomma, non una classica birreria paninoteca, bensì un posto dove si possono spendere 20€ come 200€ in base all’esperienza che si desidera vivere, a quello che si ordina.
Io sono veneziano di nascita, la mia famiglia è fra quelle che si sono spostate in terraferma per le opportunità lavorative, nonostante ciò, ho sempre mantenuto i miei legami con Venezia guardando però anche al mondo esterno con curiosità.
Ecco perché il concetto di partenza di Marciano è di creare un luogo di aggregazione rivolto alla comunità residente, alla cittadinanza, rispondendo alle sue esigenze con l’offerta di un prodotto internazionale con le radici nelle fondamenta veneziane.
Il nome stesso deriva da San Marco Evangelista, l’arredamento è realizzato con legni di artigiani locali, le esposizioni alle pareti sono di artisti veneziani, i lampadari, i vini comunque naturali e del territorio.
Ovviamente, una volta che l’indotto del ristorante è al 90% residente, il turista che arriva ha un approccio differente, più sereno, pensa: “ah ci sono dei veneziani e allora caschiamo bene!”
A proposito di legame con il territorio, credo che fra i siamo gli unici che hanno aderito prima al progetto Osti in Orto e poi sono stati introdotti al progetto della Buona Accoglienza.
È venuto naturale voler aderire all’Associazione, con i soci di Osti in Orto siamo diventati amici, gli ideali erano già in comune, d’altronde PUB significa Public House, tanto quanto l’osteria è la casa dell’oste.
Il concetto è lo stesso, purtroppo un po’ travisato a causa degli esempi di pub in circolazione, forse un po’ industriali. Approfondire la conoscenza dei soci di Osti in Orto ha fatto sì che potessi trasmettere la filosofia di Marciano e che venissi invitato a candidarmi per entrare anche nella Buona Accoglienza, progetto al quale ambivo da tempo. In primo luogo, per avere un riconoscimento di aver svolto un lavoro fuori dal mainstream, per differenziarsi da quella paccottiglia che si vede in giro, per avere una sorta di medaglia sul petto di fare parte di un’associazione assieme a quelli che per me sono i senatori della ristorazione veneziana.
Essere membro della Buona Accoglienza è per me un punto di arrivo e di ripartenza, mi sento una responsabilità ulteriore, ho approccio ad un’evoluzione positiva, uno stimolo in più per non sentirmi appagato ma rinnovare continuamente l’attività anche grazie alle conoscenze acquisite sulla filiera. Ed è anche una sfida per far vedere che anche un’attività un pochettino più “hipster” come la nostra può viceversa dare spunto a quelle più tradizionali.
Oltre a produrre le nostre verdure tramite il progetto Osti in Orto, produciamo anche la nostra birra Marciano IPA, un gin con una botanica di salicornia delle isole veneziane in collaborazione con la distilleria Mantovani. Rimanendo sempre nel territorio abbiamo un progetto imminente, come risposta al luogo comune che a Cannaregio non si mangia bene la pizza e stiamo lavorando all’apertura in Campo del Ghetto di un “salotto della pizza”, sempre basandoci su materie prime del territorio, di stagionalità e con una chiave di lettura moderna di abbinamento di birre artigianali, vini naturali e cocktail.